Muoversi 2 2022
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EVITARE DI PENALIZZARE, O PEGGIO CRIMINALIZZARE, INTERI SETTORI COME IL NOSTRO

EVITARE DI PENALIZZARE, O PEGGIO

CRIMINALIZZARE, INTERI SETTORI COME IL NOSTRO

intervista a Dario Scaffardi

di Marco D’Aloisi

Dario Scaffardi

AD Saras

Saras è tradizionalmente un raffinatore puro ed è strutturato per cogliere le migliori occasioni che si presentano sul mercato sia per l’acquisto dei grezzi che per la vendita dei prodotti finiti. Quali sono i problemi principali che state incontrando in questo momento di forti tensioni sui mercati e soprattutto geopolitiche?

Saras ha basato il suo modello di business proprio sulla flessibilità, diversamente dalla maggioranza delle raffinerie che sono state concepite per lavorare specifici grezzi o per rifornire il mercato di specifici prodotti.

Saras nacque come raffineria di servizi, dovette quindi imparare fin dagli inizi a lavorare i grezzi che i propri clienti avevano disponibili, in genere quelli meno ambiti, e produrre ciò che era da loro richiesto.

Questo ha permesso alle nostre persone di sviluppare competenze molto specifiche e poco comuni che fanno si che appena si presenta un nuovo grezzo in mercato siamo in grado di valutarlo in tempi brevissimi e siamo sempre tra i primi a sperimentarlo: i nostri tecnici sono in grado di fare nell’arco di una settimana ciò che la maggior parte degli altri fa in mesi. Questo negli anni ci ha permesso di cogliere molte opportunità; tuttavia, in questi ultimi anni con la significativa riduzione degli investimenti nell’esplorazione, sono parimenti venuti a mancare nuovi grezzi da sfruttare.

La collocazione geografica nel centro del Mediterraneo ci permette di rifornirci ovunque nel mondo ed esportare i nostri prodotti senza limitazioni. Ciò è un grande vantaggio visto come i consumi sono variati geograficamente

Al tempo stesso, la collocazione geografica nel centro del Mediterraneo ci permette di rifornirci ovunque nel mondo ed esportare i nostri prodotti senza limitazioni. Ciò è un grande vantaggio visto come i consumi sono variati geograficamente.

Nell’ultimo decennio abbiamo visto emergere prepotentemente la variabile politica negli approvvigionamenti petroliferi: pensiamo a quanto successo in Libia, in Iran, in Venezuela, in Iraq e oggi in Russia. La Libia era un nostro fornitore storico, che solo nell’ultimo anno ha ripreso le esportazioni più o meno regolarmente ma a livelli assai inferiori al passato, così come lo era l’Iran che è ancora sotto embargo.

Il bacino del Mediterraneo è stata l’area geografica maggiormente colpita e maggiormente penalizzata da questi eventi, anche se il mercato petrolifero è davvero globale e gli effetti si propagano a catena.

Nella seconda parte dell’anno scorso il mercato petrolifero ha cominciato ad uscire in modo robusto dalla crisi pandemica, però la crisi del gas e l’aumento contemporaneo delle quote CO2 hanno fatto impennare i costi dell’elettricità con gravi ripercussioni sui consumatori e sulle aziende energivore.

Nel 2021 il costo della CO2 è incrementato dalla media di 52,7 euro/tonnellata a giugno, fino alla media di 79,7 a dicembre (+51%); inoltre, la quotazione del gas nel mercato del giorno prima (MGP) italiano, è passata da 28 euro/MWh medi a giugno, ad oltre 113 a dicembre – un rialzo di oltre il 400%. A fronte di tali variazioni, il Prezzo Unico Nazionale (PUN) dell’elettricità è salito di oltre il 330%, dalla media di 84,8 euro/MWh a giugno, fino ai 281,2 di dicembre.

Nello stesso periodo, però, il grezzo di riferimento Brent quotava 73,4 dollari/barile in media a giugno e 74,5 a dicembre – quindi sostanzialmente invariato – mentre il diesel per autotrazione nello stesso periodo ha fatto segnare un più 7%.

Oggi i costi di produzione sono aumentati significativamente così come è diventato assai complesso, e molto costoso, rifornirsi di grezzo.

Si tende a pensare che prezzi alti del petrolio siano un vantaggio per una raffineria. È veramente così?

Come ci si protegge dalla volatilità dei mercati?

Questa è una leggenda metropolitana, anche i miei conoscenti però mi dicono sempre: il grezzo è salito sarete contenti. Nulla di più sbagliato.

La marginalità di una raffineria dipende, in primo luogo, dalla differenza di valore tra i prodotti che produce ed il petrolio grezzo che acquista, però non tutto il grezzo viene convertito, una parte non trascurabile, circa il 6-7% sono consumi; quindi, all’aumentare del prezzo della materia prima aumentano i costi. Il valore dei prodotti dovrebbe aumentare più del grezzo per compensare questo effetto e spesso non accade perché il mercato del grezzo è più reattivo ai fenomeni geopolitici di quanto non lo sia il prezzo dei prodotti. In secondo luogo, specie in quest’ultimo anno abbiamo assistito ad un aumento senza precedenti degli altri costi: gas, elettricità e CO2. Per decenni questi costi sono stati abbastanza stabili e quindi assimilabili a dei costi fissi, oggi hanno un impatto determinante e spesso non recuperabile dal prezzo di vendita.

A questo si aggiunge poi l’impatto fortissimo derivante dal costo del capitale e delle enormi linee di credito necessarie per mantenere il magazzino.

La volatilità poi, che è sempre stata elevata nel mercato petrolifero e che i nostri trader sono abituati e ben attrezzati ad affrontare, lo scorso mese ha raggiunto livelli mai visti per la speculazione sui mercati internazionali.

Basti pensare che il contratto future del gasolio di marzo (ICE Brent March 22) nel giorno della sua scadenza (10/3/22) ha superato i 1.522 dollari/tonnellata, mentre il successivo contratto di aprile nella stessa data ha chiuso a poco più di 1.000. Ciò vuol dire che si è toccata una backwardation (prezzo a pronti superiore a quello a termine) mai vista prima, che ha creato grande tensione.

I programmi di copertura prevedono la vendita di futures che quando si avvicinano alla loro scadenza vanno “rollati”, cioè vanno chiusi ricomprando i futures di quel mese, vendendo contemporaneamente quelli del mese successivo. Quando il mercato ha un livello di backwardation più o meno normale, cioè qualche dollaro, il costo è gestibile. Quando, invece, raggiunge i livelli odierni il costo diventa enorme. Infatti, sono comparse molte notizie sulla stampa di grandi società di trading che hanno dovuto fare ricorso a linee di credito straordinarie.

Una raffineria in Turchia equivalente ad una raffineria europea, per esempio, pagherebbe l’elettricità ed il gas assai meno, non avrebbe da pagare decine di milioni in CO2 ma venderebbe gasolio e benzina più o meno agli stessi prezzi. Lo svantaggio competitivo che abbiamo, completamente autoindotto, è evidente

Cosa ci può insegnare questa crisi e quale futuro vede per questo settore?

Credo ci debba insegnare che l’energia è un bisogno primario per tutti noi, che nella piramide di Maslow sta alla base dei bisogni della sicurezza: energia a costi accessibili vuol dire libertà. La necessità di soddisfare questo bisogno primario deve essere, allo stesso tempo, coniugato con le esigenze climatiche che richiedono una progressiva riduzione nell’uso dei combustibili fossili. È necessaria una politica dell’energia che preveda programmi certi ed eviti di penalizzare, o peggio criminalizzare, interi settori come il nostro.

Le stringenti normative ambientali e di sicurezza cui sono sottoposte le raffinerie in Europa non hanno uguali in nessun’altra parte del mondo. Altrettanto vale per i costi di gas, elettricità e CO2, questo si traduce in una forte asimmetria.

Una raffineria in Turchia equivalente ad una raffineria europea, per esempio, pagherebbe l’elettricità ed il gas assai meno, non avrebbe da pagare decine di milioni in CO2 ma venderebbe gasolio e benzina più o meno agli stessi prezzi. Lo svantaggio competitivo che abbiamo, completamente autoindotto, è evidente. Quelle industrie che riescono a ribaltare sui loro prodotti il maggior costo sono poco influenzate (saremo noi consumatori a sostenere quel maggior costo), quelle che invece non possono farlo alla lunga si trovano in una posizione insostenibile, come sta succedendo a molti settori.

Dobbiamo perseguire con determinazione nel percorso di transizione energetica in modo razionale e finanziariamente sostenibile, promuovendo soprattutto le fonti rinnovabili evitando però di illuderci sul beneficio salvifico di tecnologie ancora non mature. Vedo molte somiglianze con quanto successo nel 1973 dopo la grande crisi energetica.